Le Compagnie di Ventura


Spesso quando pensiamo al Medioevo la nostra mente ci porta a vagare tra castelli maestosi e austeri, imponenti destrieri e cavalieri dalla fulgente armatura tuttavia, alcune peculiarità cadono nell’oblio della storia rimanendo solo disegnate tra gli intrecci della linea del tempo. Lo scopo dei miei articoli è quello di riportare alla luce e far riscoprire realtà poco conosciute collocate nell’epoca medievale.
Quest’oggi andrò a trattare appunto delle Compagnie di ventura, ossia gruppi di soldati mercenari costituenti il nerbo militare dei principati trecenteschi. L’impiego di soldati mercenari si diffuse già nel periodo delle guerre feudali nelle quali il signore, oltre a reclutare i propri uomini, assoldava anche truppe mercenarie, in particolare per guerre lontane dal feudo. Un esempio di arruolamento di tali truppe è riconducibile all’invasione della contea di Tolosa nel 1159 da parte di Enrico II Plantageneto (Le Mans 1133 – Chinon 1189), duca di Normandia, conte d’Angiò e del Maine e re d’Inghilterra dal 1152. Egli, per terminare vittoriosamente la campagna militare, aggiunse al suo esercito un contingente di truppe mercenarie, pagato grazie allo “scutagium”, cioè un tributo che i vassalli erano tenuti a pagare in sostituzione del servizio militare. Lo scutagium ben presto si diffuse in Europa e infatti divenne poi usanza anche per Germania e Francia. Mercenario si diventava per vari motivi: figli cadetti di famiglie nobili che non volevano vivere una vita all’ombra del figlio primogenito o invecchiare in convento, figli illegittimi senza eredità, contadini che avevano perso il podere, e ancora servi della gleba che non avevano di che vivere, cittadini (co)stretti dai debiti e dall’usura. Inoltre dalle Crociate provenivano uomini che non sapevano o non volevano far altro che combattere. Il mestiere di mercenario era un mestiere (piuttosto ben) retribuito che attirava sempre di più avventurieri e vagabondi. È anche vero che l’arte del combattere soprattutto a cavallo con armature pesanti richiede parecchio allenamento e tempo, e quest’ultimo era scarso per i coltivatori di un feudo e, essendo guerrieri professionisti, i mercenari possedevano già tecniche di combattimento avanzate senza ulteriore necessità di allenamento, fatto che conveniva ai signori che avevano guerrieri a disposizione e allo stesso tempo manodopera nei campi. Fino ad ora possiamo parlare di gruppi di venturieri che combattevano per il miglior offerente senza alcuna remora. A partire dal 1220 possiamo invece assistere a un consolidamento di questi gruppi dove il Capitano era sempre un cavaliere valoroso e che godeva di estremo rispetto da parte dei suoi soldati. All’interno delle Compagnie vigeva un ordine gerarchico del potere: subito dopo il Capitano venivano i connestabili che erano a capo delle “bandierae”, ossia reparti da 25 lance, 10 lance formavano un’insegna agli ordini di un decurione, 5 lance formavano un corpo agli ordini di un corporale. Le compagnie combattevano guidate unicamente da questioni di interesse, i bottini venivano divisi tra capi e soldati: in questo modo emerge anche l’aspetto economico oltre che militare. Questi gruppi di milizie erano diffusi in tutta Europa. In Francia i mercenari, oltre ad affiancare i movimenti popolari entrarono a far parte dell’esercito del re contribuendo ad aumentarne il potere. Durante la Guerra dei 100 anni la Francia assoldò un gran numero di mercenari per far fronte ad altri gruppi mercenari che provenivano dall’Inghilterra. Durante questa guerra si formarono diverse compagnie che Carlo V di Francia e duca di Normandia (1338-1380) mise al proprio comando e tra il 1370 e il 1380 con il loro aiuto riuscì a liberare la Francia dai domini Inglesi. In seguito Carlo VII (1403-1461) formò Compagnie regolari (1445) con gli elementi migliori delle Compagnie di ventura che erano comandate dai suoi ufficiali e pagati da lui stesso. Inoltre in Inghilterra, nonostante le Compagnie di ventura fossero state dapprima largamente impiegate, dopo la stesura della “Magna Charta” (1215), che ne impediva l’utilizzo sul territorio del regno, vennero utilizzate esclusivamente su territorio straniero. Al contrario del resto d’Europa, in Spagna l’utilizzo delle milizie mercenarie non fu proficuo in quanto il Paese era interamente assorbito dalla guerra contro i mori. Invece in Germania vennero a formarsi gruppi di mercenari che combattevano, oltre che per interessi economici, anche per scopi politici e religiosi e per questo motivo non possono essere considerate vere e proprie compagnie di ventura. A questo proposito terrei a far menzione dei Lanzichenecchi che il grande Alessandro Manzoni cita nel capitolo XXVIII de “I Promessi Sposi”, descrivendone la loro discesa in Italia nel 1629. Dal canto suo l’Italia, più di ogni altro territorio, vide il nascere e lo svilupparsi delle Compagnie di ventura. Ciò fu favorito da alcuni fattori: la nobiltà era in fase di decadimento e questo portò alla scomparsa dei cavalieri che ne facevano parte e i cavalieri dei Comuni non erano né sufficienti in numero né sufficientemente preparati per rimpiazzarli. In aggiunta a ciò i soldati dei Comuni non potevano allontanarsi per partecipare a lunghe campagne militari in quanto questo avrebbe comportato un danno all’economia della città. Inoltre ci si trovava in uno stato di guerra senza tregua, fra i (vari) Comuni, all’interno di essi, fra i Comuni e l’Impero. In questo contesto le milizie mercenarie andarono a sostituire le milizie cittadine e un sempre maggior numero di signori ricorreva ad esse per difendersi. Queste erano formate da Spagnoli e Ungheresi, Tedeschi, Francesi e Inglesi, ma anche Italiani, banditi, vagabondi e sbandati alla ricerca di bottino. Le Compagnie, una volta ottenuto il maltolto lasciavano l’Italia. A questo proposito esaminiamo la situazione in Italia. Qui la prima Compagnia di ventura nacque a Messina nel 1303 ed era nota come Compagnia degli Almovari; essa era costituita da venturieri catalani e capitanata da Ruggero de Flor. Combatté in Asia Minore e nella penisola balcanica. Inoltre Marco Visconti guidò la Compagnia dei Sassoni e Tedeschi di Lodovico il Bavaro la quale nel 1329 dominò per qualche tempo Lucca. Degna di nota per la sua ferocia era La Grande Compagnia, formata da mercenari di Pisa e di Firenze che agiva in modo indipendente e perciò era assai temibile. Era costituita da più di 3000 lance al comando di Werner von Urslingen, detto “Guarnieri duca”, e razziò Perugia, Siena e Bologna devastando l’Emilia-Romagna (1342-1343). Inoltre al fianco di altri venturieri italiani, ungheresi e inglesi, Ambrogio Visconti, figlio illegittimo di Barnabò Visconti, fondò la Compagnia di San Giorgio la prima volta tra il 1365/1366 e in seguito, dopo che si sciolse, la seconda tra il 1370/1372. Ritengo che le Compagnie di ventura siano state di estrema importanza per il Medioevo soprattutto a livello di organizzazione militare ed economica. Premettendo che esse furono un flagello e disseminarono morte ovunque, ma combatterono anche per favorire il raggiungimento di giusti obiettivi, furono le fondamenta della disciplina militare che vige ancora oggi. Infine, per fornire un’anticipazione del prossimo articolo, mi preme ricordare la figura di Giacomo Attendolo detto “Muzio” (1369-1424) il quale entrò nel 1386 nella Compagnia capitanata da Alberico da Barbiano dove si guadagnò il soprannome “Sforza” forse in riferimento al suo vigore fisico. Passò poi da una Compagnia all’altra finché nel 1398 si spostò a Perugia dove contrastò le milizie di Gian Galeazzo Visconti e conobbe Lucia Terzani, la compagna di tutta la vita, dalla quale ebbe otto figli tra cui Francesco che seguì il padre nelle spedizioni militari dal 1417 e che partecipò alla sua prima vera e importante battaglia nel 1419 contro Braccio da Montone al servizio di papa Martino V. Qui Francesco si distinse in un attacco notturno a sorpresa dove catturò 562 cavalieri di Braccio da Montone tra cui molti capitani. In seguito a molte esperienze di battaglie avendo seguito le orme del padre, Francesco Sforza divenne uno dei più celebri capitani di ventura… tuttavia, di lui, dei suoi amori, delle sue imprese e del suo coraggio tratterò minuziosamente nel prossimo articolo.

06/12/2022

Articolo a cura di

Edoardo Rancati

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