Limonov, il ribelle incoerente


“Stalin! Berija! Gulag!” è ciò che urlano, nelle piazze russe, alcuni ragazzi dal cranio rasato, vestiti di nero con borchie ed anfibi, alzando il braccio teso col pugno chiuso e sventolando bandiere simili a quelle del Terzo Reich ma con la falce ed il martello incrociati al posto della svastica. La prima, istintiva reazione da parte di un qualsiasi occidentale sarebbe bollarli come dei fanatici fascistoidi. Agli occhi di un russo, però, proprio loro sono l’unica speranza di un ritorno alla democrazia. Ma com’è possibile? Il Partito Nazional-bolscevico (al quale appartengono i manifestanti appena descritti) è ferocemente nazionalista ed anti atlantista e si ispira dichiaratamente al totalitarismo comunista di Stalin. Come possono i suoi appartenenti essere l’ultimo baluardo contro l’autocrazia di Putin?
Per capirlo, dobbiamo parlare del suo fondatore: Eduard Limonov (1943 - 2020), scrittore e poeta la cui vita è stata raccontata da Emmanuel Carrere nel suo romanzo Limonov. Limonov nasce in una piccola città dell’URSS, al tempo prostrata dalla sofferta vittoria contro la Germania nazista, e, dopo un’adolescenza travagliata, quasi criminale, entra nei circoli intellettuali semi dissidenti dei bassifondi moscoviti. Appena ventenne, vola negli Stati Uniti, dove vive nella miseria più totale sino a quando non riesce a farsi pubblicare e si trasferisce a Parigi. Da là si reca poi a combattere a fianco dei serbi in Jugoslavia ed infine, dopo la caduta dell’impero sovietico, torna in patria dove fonda il Partito Nazional-bolscevico in opposizione a Putin. Insomma, non esattamente ciò che si definisce un percorso lineare: nella sua vita, Limonov è stato l’audace politico che dorme sotto i ponti di New York, il celebrato poeta che si accoppia senza pudore coi barboni per le strade, il rispettato intellettuale appostato dietro una mitragliatrice a Sarajevo, il delinquente incallito che frequenta i migliori salotti letterari parigini, il fanatico fascista che si oppone coraggiosamente all’autoritarismo. Ma d’altronde neanche i suoi riferimenti brillano di coerenza: adora il comunista Trotskij, il fascista Evola, l’anarchico Bakunin, il dittatore Gheddafi, il gruppo rock dei Sex Pistols, il mistico orientale Aurobindo… chiunque sia estremista, fanatico, disprezzato, privo di buon senso, ecco, Limonov lo adora. Ed il suo stesso partito è una fusione tra elementi dell’estrema destra, dell’estrema sinistra e del liberalismo. Ma, di nuovo, com’è possibile tutto ciò? Beh, è possibile per due motivi. Il primo è che Limonov è russo, cioè viene dalla terra dove gli anarchici inneggiano a Cristo, i comunisti all’imperialismo ed i fascisti alla democrazia, dove il popolo santifica i propri oppressori ed odia i propri liberatori, dove la libertà e l’uguaglianza sono percepite come due principi opposti ed in lotta tra loro. Insomma, la Russia è la patria dell’incoerenza, almeno dal punto di vista occidentale. Il secondo è che Limonov non è classificabile, rifugge ogni etichetta ed ogni stereotipo. La sua personalità è intimamente rivoluzionaria ed anarchica, fuori dagli schemi. La sua certezza è una sola: lui è antitetico al potere, non gli si sottometterà mai. Ed il potere, nel pieno rispetto della tradizione russa, è incoerente anch’esso. Prima indossava la corona bigotta e conservatrice dello zar, poi ha impugnato la falce ed il martello del socialismo ed infine si è tuffato nei fiumi d’oro degli oligarchi. Ed allora Limonov, per contrastarlo, non può che essere a sua volta incoerente: sarà anarchico davanti allo zar, fascista davanti ai comunisti e democratico davanti a Putin. Che gli importa? L’importante è lottare contro il potere, combattere per il suo popolo, che ha visto umiliato dall’Occidente e poi divorato dalla tirannide di Putin. Che gli importa di essere presentabile? Che gli importa della coerenza? Lui non è un uomo, è una contraddizione che danza davanti agli occhi scandalizzati della logica, è la ribellione istintiva, fatta senza pensare, è un funambolo che oscilla tra un’idea e l’altra per giungere alla libertà. Se Vladimir Putin, che è passato senza troppi problemi dal Partito comunista sovietico alla nuova struttura democratica, rappresenta il potere, senza caratterizzazioni ideologiche, allora Eduard Limonov è il suo perfetto opposto, è l’anti-potere, il ribelle anch’esso senza caratterizzazioni ideologiche.
Dunque, tornando alla domanda iniziale, è possibile che i Nazional-bolscevichi, eredi diretti di Limonov, siano una speranza per la democrazia? Ovviamente no. Ed è per questo che invece è proprio così.

02/02/2023

Articolo a cura di

Mattia Fantini

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