Imbrattare per salvare


29 maggio 2022, Museo del Louvre, Parigi: un uomo sulla sedia a rotelle si fa spazio tra la folla di visitatori e si avvicina all’opera più famosa del museo, la Monna Lisa di Leonardo da Vinci e poi, come in un film comico, scaglia contro il quadro una torta gridando a gran voce: “Occorre fare qualcosa per salvare il pianeta!”
14 ottobre 2022, National Gallery, Londra: due attivisti lanciano della zuppa di pomodoro su I girasoli di Vincent Van Gogh, per poi incollarsi alle pareti del museo vicino all’opera.
27 ottobre 2022, Mauritshuis Museum, L’Aja: due uomini si avvicinano all’opera simbolo del museo, La ragazza con l’orecchino di perla di Jan Veermer, mentre uno di loro si appoggia con tutto il corpo al dipinto, il secondo gli rovescia addosso della passata di pomodoro. Questi sono solo tre dei numerosi gesti che si sono verificati in diversi musei e gallerie d’arte del mondo negli ultimi mesi. Gli autori di questi gesti sono degli attivisti appartenenti ai gruppi Just Stop Oil e Last Generation, due organizzazioni di protesta pacifica e nonviolenta contro il collasso eco climatico e l’uso dei combustibili fossili. Non vogliono essere chiamati ambientalisti e si definiscono semplicemente “dei cittadini che lottano per il proprio futuro”. I trasgressivi sono stati tutti identificati e arrestati per violenza pubblica contro la proprietà. Ma questo non è il fulcro della vicenda. Come era prevedibile l’opinione pubblica globale si è divisa in due diversi gruppi che hanno idee contrastanti: c’è chi è a favore e appoggia gli attivisti e chi al contrario considera i gesti inopportuni e gravi. Il primo gruppo sostiene che non ci sia nulla di male, anzi, che i pittori, come Van Gogh, potrebbero apprezzare questi gesti. Le opere, infatti, non hanno subito danni e le cornici saranno facilmente riparabili. Gli autori erano totalmente consapevoli di ciò: nessun’opera ha mai rischiato di rimanere seriamente danneggiata. I gesti hanno provocato piccoli disguidi nei musei, e i costi per rimediare ai danni sono minimi se paragonati alla visibilità che hanno dato involontariamente ai vari musei. Un attivista in un suo video ha infatti detto: “Vi preoccupa di più la protezione di un dipinto o la protezione del nostro pianeta e del nostro popolo?” e ancora “Almeno, in futuro potrò dire ai miei nipoti di aver lottato per il loro futuro e di non essere rimasta con le mani in mano, senza intervenire.” Le proteste come questa servono a lanciare l’allarme e ad attirare l’attenzione dei grandi della terra, dei giornali e telegiornali, di tutti, sul problema imminente del cambiamento climatico, e tutto ciò è sicuramente facilitato dalla presenza dei social network. Ma non solo, vogliono infastidirci, la loro prima funzione è proprio quella disturbante: a noi dà fastidio vedere le opere d’arte imbrattate, ci scuote e ci scandalizza, perché non rientra nella nostra normalità. Dopo averci scosso e disturbato e quindi aver attirato la nostra attenzione, ci avvicinano al problema. È quindi questo lo scopo: rendere la situazione così intollerabile da spingere tutti a cambiare le cose e a cercare di trovare delle soluzioni. Sul Washington Post un critico d’arte, Philip Kennicott ha scritto: “È ridicolo attaccare l’arte nel nome della sopravvivenza, visto che l’arte è uno strumento di sopravvivenza. Ma atti come questi suggeriscono un nuovo modo di pensare all’arte, nei termini del clima, che potrebbero aiutare a rendere più profondo il nostro senso di vicinanza sia all’arte sia all’ambiente (…) lanciare dalla salsa di pomodoro a un Van Gogh non mi farà sentire più appassionato al salvataggio del nostro pianeta, né mi aiuterà a pensare in modo più pragmatico a che cosa dovremmo fare. Ma capisco perché i giovani, avendo davanti lo scenario della loro stessa distruzione, cerchino un modo per farsi notare per dirci: smettiamola di buttare via tutto quanto». Altri invece sostenendo la tesi contraria, accusano i manifestanti di essere immaturi, inappropriati e anche un po’ egoisti. Queste persone sono preoccupate perché, nonostante le “vittime” siano state scelte appositamente, si corre comunque il rischio che l’opera finisca per danneggiarsi per sempre, ma soprattutto perché ad essere attaccata è l’arte, che da sempre è considerato un tema delicato. Se bloccare le strade e fermare gli aerei aveva in sé una certa logica queste azioni sono infatti collegate alla causa per cui questi attivisti lottano, che cosa c’entrano l’arte e i musei in tutto ciò? In questo modo si rischia di far passare in secondo piano e infangare la causa giustissima per cui lottano, utilizzando modalità poco consone e illegali. Gli attivisti si difendono dalle accuse e rivendicano i propri ideali attraverso le parole del segretario dell’ONU Antonio Guterres: “Stiamo andando verso l’inferno climatico con l’ acceleratore premuto. Leader e uomini d’affari non stanno solo mentendo, stanno soffocando il nostro pianeta con i loro interessi e investendo sui combustibili fossili”. Insomma, come in tutte le cose, ci sono idee differenti e ognuno di noi si è fatto un’opinione al riguardo. Certo, probabilmente non è il metodo più corretto per lottare per il nostro futuro…avete altri suggerimenti?

10/04/2023

Articolo a cura di

Ada Cantù

IL BANFO

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