Sulle note del mondo


Eccoci arrivati all’ultima tappa di questo viaggio alla riscoperta della musica. Oggi, faremo il giro del mondo per ascoltare le melodie di Nazioni diverse, di popoli differenti, di culture lontane.

La musica è una presenza costante in ogni metro quadrato del nostro pianeta, è una forma d’arte per alcuni apparentemente semplice, per altri estremamente complessa, che in varie aree della Terra e in secoli differenti ha assunto valori e significati anche diametralmente opposti.

Per questa ragione, voleremo da ovest verso est, e dedicando più tempo a tre regioni in particolare, per soffermarci su quelle concezioni della musica che sono più lontane rispetto a quelle occidentali.

Il nostro viaggio parte in Sud America: negli anni della segregazione razziale, della schiavitù e delle piantagioni, qui nacque la musica blues.

Gli schiavi neri americani provenivano dalla costa occidentale dell'Africa, dove esistevano complesse culture e, giunti nel Sud dell’America, portavano con sé i ricordi, le credenze magico-religiose e, ovviamente, la musica della loro terra. Col tempo, la musica iniziò a scandire vari aspetti della vita sociale dello schiavo nero americano medio: il lavoro, il momento ricreativo e quello liturgico erano accompagnati da melodie particolari. Questa era una diretta conseguenza di un modo di sentire africano che prevedeva la celebrazione di riti tribali come sempre accompagnata da forme musicali.

Un particolare tipo di musica afroamericana è sicuramente costituita dalle “work songs”, o canti di lavoro: brani collettivi la cui funzione era quella di dare sollievo alla fatica e, allo stesso tempo, di coordinare gli sforzi.

In seguito alla vittoria degli Stati del Nord nella Guerra di secessione e alla emancipazione degli schiavi nel 1865, le persone di colore americani divennero liberi, ma, spesso, poverissimi e con difficoltà a trovare un lavoro. Così, nacquero le “negro ballad”, ballata folklorica, solistica, che esprimeva la disperazione ma anche la forza di volontà.

Con la fine dell’Ottocento, quindi, posero le vere premesse del blues: si svilupparono specifiche tecniche chitarristiche e vocali, ed emersero i tratti caratteristici del blues.

Il popolo afroamericano, perciò, affidò al blues la descrizione di una nuova condizione sociale e soprattutto del racconto della propria storia, sia in termini diretti sia attraverso l'uso di ricorrenti metafore.

Con il tempo coloro che sarebbero diventati i bluesmen cominciarono a spostarsi, suonando durante feste, matrimoni o altre celebrazioni rituali: questi appuntamenti costituirono una sorta di laboratorio per i pionieri del blues, i quali, durante le loro peregrinazioni, si incontravano e si influenzavano vicendevolmente. Fu così che si arrivò progressivamente alla definizione dello ‘stile blues’.

Con il passare degli anni e l’integrazione delle persone di colore, il blues si elettrificò e si modernizzò, e da ciò si svilupparono il jazz, il rhythm'n'blues, il rock’n’roll.

Abbiamo, così, concluso la prima parte di questo viaggio: ora non ci rimane che sorvolare l’Atlantico e raggiungere l’Africa!

Sin dall’inizio dei tempi, in questo continente, la musica e la danza sono stati indispensabili per la comunicazione degli uomini e la celebrazione di eventi.
La musica, in particolare, è sempre stata un’attività sociale, collettiva, emblema della comunità, a cui quasi chiunque partecipa.
Evidenzia infatti i valori della cultura africana, oltre a essere cruciale nella celebrazione di riti, come la nascita, il matrimonio o altri riti di passaggio. Esistono poi anche melodie che accompagnano il lavoro e altre destinate alla critica e all’elogio: letteralmente un brano per ogni occasione.

La varietà di suoni utilizzata, anche in una singola canzone, è indescrivibile e i canti africani non possono, poi, mai essere separata dall’accompagnamento musicale e, soprattutto, dalla danza, che contribuisce a narrare la storia che le melodie cercano di esprimere.

Per concludere quest’ultima tappa del nostro viaggio alla riscoperta della musica, prima di atterrare, ci fermeremo ad ascoltare le melodie del Medio Oriente, o meglio di tutti quei territori in cui si pratica la religione musulmana.

Nell’Islam ci sono diverse concezioni della musica, dato che il Corano non è perfettamente chiaro a riguardo. Secondo la tradizione, un angelo portò la musica sulla Terra, per la prima volta, nella città di Babilonia. Ma, dato che la religione musulmana presenta diverse correnti e anche interpretazioni del Corano, oltre alla principale divisione tra Sunniti e Sciiti, la musica è in certi casi vietata e in altri accolta piacevolmente.

È, dunque, una questione complessa, quasi contraddittoria, motivo per cui oggi la musica è promossa in stati come l’Arabia Saudita (riguardo alla quale vi rimando alla tappa precedente di questo viaggio, e quindi all’articolo “Sulle note di Nadia Dandachi”, se ve lo siete persi) ed è vietata dai Talebani in Afghanistan.

Eccoci arrivati alla fine di questa terza tappa, e anche alla fine di questo viaggio.

Ci sarebbe ancora molto da dire sulla musica ma, in sostanza, essa può avere grandi poteri sulla nostra salute fisica e mentale, ma è anche e soprattutto una forma di arte, di espressione di sé e della propria cultura, che è sempre stata parte integrante dell’Uomo.


04/02/2022

Articolo a cura di

Rebecca Rivolta

Immagine a cura di

Chantal Lupo

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